Yunnan: Com'e' dura l'avventura


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Asia » China » Yunnan » Dali
November 10th 2007
Published: December 5th 2007
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Ed eccomi a Mengla', a scrivere da una sperduta ed anonima citta' di confine a pochi chilometri dal confine col Laos; il mio viaggio in Cina sta per terminare e queste ultime settimane mi hanno riservato grandi emozioni in una delle provincie sicuramente piu' interessanti di tutto il paese.
C'e' proprio di tutto in Yunnan: montagne himalayane, colline terrazzate a risaie, foreste tropicali, colline vulcaniche, sorgenti termali, grandi laghi, lunghi fiumi, con il tutto che si traduce in una grande varieta' di paesaggi, climi, genti, lingue e culture.
La capitale Kunming non mi desta particolari emozioni se non per la temperatura che si mantiene sempre a livelli piacevoli anche di notte, per cui, dopo aver sbrigato le pratiche consolari per l'ottenimento del visto laotiano, non mi rimane altro da fare che girare i numerosi parchi cittadini approfittando di queste calde e soleggiate giornate. La mattina prevede tappa obbligata al grande mercato alimentare dove mi rifornisco di cibo per tutta la giornata: qui il maiale regna sovrano in tutte le sue espressioni, tra cui persino i nostrani prosciutti crudi e cotechini, e poi salami, teste, zampe, interiora e, pietanza tipica della regione, la faccia: la pelle viene asportata dal cranio, depilata, distesa ed essicata; si ottiene cosi' una vera e propria maschera che qui e' ritenuta una prelibatezza. E poi frutti e verdure dalle forme, colori e dimensioni mai mai viste; animali selvatici e da compagnia venduti e cucinati; pesci, molluschi e crostacei tenuti a mollo in bella mostra.
Decido di salutare le ferrovie cinesi con come ultimo treno il lentissimo "Kunming-Dali", che impiega la bellezza di 9 ore rispetto alle 4 dell'autobus, ma ad un costo davvero irrisorio; sfortunatamente decine e decine di gallerie non permettono di godere appieno del paesaggio; vecchietti catarrosi e bambini piangenti pensano al resto privandomi del sonno e tenendomi una non gradita compagnia.
Dali e' una tranquilla citta' che giace in una larga pianura collocata tra verdi montagne ed il grande lago Erhai Hu, dalle brillanti acque azzurre; sfortunatamente un'autostrada le scorre accanto e orde di turisti la prendono d'assalto ogni giorno dell'anno. Decido percio' di sistemarmi in una guest-house in riva la lago (ad un livello di piena pericolosamente elevato) tre chilometri fuori dal centro, e questo diventera' il mio rifugio lontano da tutto e da tutti.
Il primo giorno organizziamo una spedizione internazionale Italia-Giappone-Colombia alla ricerca della famosa "erba di Dali" e, armati di falcetto ed ampie ceste a spalla, risaliamo le colline come dei novelli Panoramix muovendoci velocemente e scrutando ogni angolo nascosto della boscaglia; i giorni successivi saranno dedicati alla lavorazione, conservazione e manifattura di questo prodotto locale, rendendoci finalmente parte integrante di questo ambiente, in completa sintonia con l'antico mondo contadino cinese cosi' ancorato al passato e lontano secoli dalle scintillanti metropoli sorte come funghi negli ultimi decenni.
Terminato il nostro lavoro si decide di lasciare assieme il paese, non prima pero' di aver fatto una visita al tempio Wu Wei, dove vecchi maestri di kung-fu tengono lezioni a giovani ardimentosi occidentali giunti fin qui con la speranza di poter apprendere qualche segreto di questa antica arte marziale; la dolorosissima risalita lungo la collina attraverso le centinaia di gradini che conducono al tempio, tra crampi vari ed un quasi fatale blocco respiratorio, ci fa capire di non essere ancora pronti per questo genere di esperienze e quindi rinunciamo a malincuore a questa ghiotta occasione capitataci quasi per caso.
Mi sposto ora piu' a Nord, nella terra dei Naxi, una delle tante minoranze che compongono il mosaico dei popoli dello Yunnan (a Dali vivono i Bai), e precisamente a Lijiang: la sua citta' vecchia conserva intatta la sua autenticita' architettonica e grazie a cio' sono potuti proliferare i numerosissimi negozio di souvenir per i turisti che quotidianamente prendono d'assalto il paese che comunque, a detta dei piu', risulta sempre di grande impressione visiva, forse anche per il suggestivo paesaggio circostante costituito da alte montagne, tra cui domina per altezza e splendore la cima imbiancato dello Yulong Xueshan (5596mt.), la Montagna del Drago di Giada.
Non potevo evitare (tutti me lo hanno consigliato) il trekking di due giorni nella Gola del Salto della Tigre, un canyon lungo 16 Km. ed alto fino a 3900mt. che si rivelera', ormai troppo tardi, fin troppo simile ad una qualsiasi passeggiata tra le nostre vicine Alpi, canyon e nome a parte; e' comunque un bene visitarla ora perche', non si sa mai, i cinesi potrebbero presto trasformarla in un'altra delle loro mastodontiche dighe.
Dopo un breve ritorno a Dali, ormai eletta come seconda casa in Cina, la prima e' ancora da trovare, prendo uno sleeper bus, il famoso autobus con i letti a bordo, per Jinghong, capitale dello Xishuangbanna', la regione piu' meridionale della provincia dello Yunnan, dove tutto e' ricoperto da rigogliose foreste tropicali e tutto sembra fuorche' Cina, con un clima costantemente piu' caldo che altrove e gente piu' rilassata e cordiale; effettivamente i cinesi (Han) sono davvero pochi qui, un terzo, sovrastati dalle minoranze, qui costituite da Dai, Hani, Lisu, Yao, Jinuo, Bulang, Lahu, Wa e chissa' quante altre.
A Jinghong si respira una certa atmosfera dal sapore coloniale, con gente che va e viene dai vari paesi del Sud-Est asiatico che qui vicino condividono le loro frontiere; la lingua predominante tra i viaggiatori e' ormai il francese ed e' possibile passare ore ed ore seduti nei vari cafe' ad ascoltare i racconti di vecchi hippies nostalgici, cinici commercianti di pietre preziose, semisconosciuti scrittori e romantici cuori solitari.
Per movimentare le mie giornate decido di compiere un'escursione nella foresta, ormai seriamente minacciata dall'avanzare delle numerose piantagioni di banane, ananas e alberi da gomma; poco fuori dalla citta', attraversato il fiume Mekong, ci si puo' inoltrare tra la boscaglia e perdersi nel folto della vegetazione fino a ritrovarsi soli in un profondo silenzio interrotto solamente dal rumore di qualche animale selvatico messo in fuga dalla mia intrusione nel suo territorio; riesco sorprendentemente anche a procurarmi del cibo, dai numerosi frutti qui presenti, e cio' mi induce a considerare seriamente l'ipotesi di una piu' estesa esplorazione. Ad un tratto pero' mi ritrovo in una radura tra decine di abitazioni e contadini intenti alla lavorazione dei campi: stavo esplorando inconsapevolmente una coltivazione industriale di non so quali alberi da frutta!
Me ne ritorno mestamente in citta', nel nostro 21esimo secolo dal quale e' ormai molto difficile fuggire, e decido di tacere questa mia esperienza imbarazzante quando la sera vedro' gli altri al cafe'....


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