Beijing

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nemmeno alla fosca mattina la febbre e i brividi hanno allentato la presa. Il ragazzo alla reception mi aveva mostrato una camera orrenda, in questo alberghetto che al sottopiano ospita un bordello-karaoke. La porta del bagno sfondata, la moquette intrisa di storia recente, le pareti giallo nicotina. Mi è parsa subito bellissima. Credo di aver sognato nella notte semi insonne il vento gelido di Beijing, con le sembianze di Gengis Khan con la jian fra i denti. Un vento capace di infilarsi ovunque e di trovarti ovunque senza difese.
La mattina, la bellezza della Torre Campanaria, appena visibile fra la nebbia e la febbre, era ipnotizzante. Non so quanto tempo ho trascorso a fotografarla, e rifotografarla, ogni volta con una diversa luce, una diversa inquadratura, inginocchiato sul letto proprio sotto la finestra, negli stessi abiti del viaggio e gli stessi della notte.
I tetti degli hutong intorno, a sorreggerne la maestà, il tronco marcio a inizio corteo ad annunciarne la parata, l'aria opaca a dichiararne l'intoccabilità.
Quando arriverà "Sabrina", piccolo elfo del Sichuan?
Spero non troppo tardi. Spero non troppo presto.

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