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Published: August 19th 2012
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Sceso per l'ultima volta dalle colline, rieccomi nuovamente in Assam, alla ricerca di un luogo dove poter riposare le mie stanche membra; e quale città meglio di Sivasagar per questo scopo? Un grande lago vi sorge proprio nel bel mezzo, dominato dalla mole imponente del più alto tempio di Shiva mai costruito in India, che si affaccia proprio a ridosso delle sue acque. Una impeccabile guest-house governativa offre acqua calda tutto il giorno ed anche la possibilità di oziare su comode poltrone di vimini giusto a due passi dalla riva: strano che qui sia solo, che nessun altro si spinga da questa parti, ma forse si è troppo lontani da tutto, in una città sperduta su una strada che porta al nulla; proprio quello che fa al caso mio....
Eppure non è sempre stato così: Sivasagar è stata per più di 600 anni la capitale del regno Ahom, che si estendeva su gran parte delle pianure dell'Assam; le sue genti arrivarono fin qui dal -non troppo- lontano Yunnan alla metà del 13° secolo, forse scacciati dall'invasione mongola che imperversava in quel periodo. Appartengono infatti alla grande famiglia delle popolazioni di etnia Tai ed oggi, nonostante secoli di matrimoni misti e meticciamenti
vari, le donne assamesi sono molto apprezzate nel resto dell' India per la loro carnagione relativamente chiara e, colore della pelle a parte, anche il Mercante non può che concordare con questa opinione.
Capita raramente di sentir parlare di "bellezze" indiane, ma qui in Assam ho fortunatamente potuto godere della concomitanza di due fattori chiave: oltre all'innegabile fascino delle donne autoctone, mi sono poi ritrovato nel bel mezzo dei festeggiamenti per la Saraswati Puja, la festa dedicata alla dea della conoscenza e delle arti; tutte le scuole interrompono le lezioni per celebrare la ricorrenza, le ragazze non indossano la classica divisa ma sfoggiano i loro sari e salwar kameez migliori, consumando il loro unico e prezioso paio dai scarpe con i tacchi durante le infinite passeggiate dimostrative per le vie del paese. Anche i ragazzi, alla loro maniera, se la spassano: si procurano dei furgoni, vi montano sopra una statua della dea, delle potenti casse e percorrono le strade a velocità spaventosa sparando musica a tutto volume, pregando e fumando quantità spropositate di bhang; la tipica festa religiosa indiana....
Sempre in Assam, sempre a proposito di luoghi rilassanti e piacevoli, l'isola di Majuli sorge nel bel mezzo del
Brahmaputra ed è raggiungibile con un lento traghetto in 2-3 ore di navigazione controcorrente partendo dall'anonima cittadina di Jorhat. Questa, che si ritiene essere la più grande isola fluviale del mondo, è un'importante meta di pellegrinaggio per tutti i seguaci del culto neo-vaishnavita, uno dei molteplici aspetti che compongono il grande mosaico della religione induista; i loro monasteri, chiamati "satra", hanno molto poco della sacralità esuberante della maggior parte degli edifici religiosi del resto dell'India: sorgono isolati nel dolce paesaggio bucolico dell'isola e sono costituiti essenzialmente da una grande sala per la preghiera, pochi altri edifici sacri e tutt'attorno le abitazioni dei religiosi. I monaci vengono ordinati in giovane età, si lasciano crescere una fluente chioma ed apprendono l'arte della danza e della rappresentazione drammatica, praticando la loro religione incuranti di atteggiamenti che a noi occidentali potrebbero apparire perlomeno inopportuni....
Ed è arrivato il momento di dire addio anche a questa precaria oasi di serenità che è Majuli, e mi piacerebbe continuare a navigare sulle placide acque invernali del sacro Brahmaputra, ma invece raggiungerò la poco distante Dibrughar, vero e proprio capolinea di questo viaggio nel sempre più sorprendente Nord-Est, da dove un comodo treno percorrerà in due lunghi
giorni i più di 2500 kilometri che mi separano dalla vecchia, sporca ma sempre cara Delhi!
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