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Sua Eminenza alza gli occhi dal documento che stava studiando, mi vede e con fare adusto mi fa cenno di entrare. Non è esattamente un invito, piuttosto il mal dissimulato colpo di coda di un cavallo che cerca di liberarsi dal fastidio delle mosche. Mi riceve controvoglia: pessimo inizio. Mi ci erano volute settimane per ottenere un appuntamento, poi, una volta fissato tale colloquio, cause di forza maggiore lo avevano tenuto lontano dal palazzo vescovile proprio quel giorno, a quell’ora. Stavolta m’ero presentato quindi senza appuntamento previo, adducendo l’urgenza come causa. Ed è vero: stasera parto!
Lo studio del vescovo è piccolo e modestamente arredamento; stilisticamente a tono col resto del palazzo ma assolutamente privo di ostentazione alcuna. Solo l’enorme crocifisso d’oro che porta al collo stona con l’ambiente e finisce col dare a Sua Eminenza una sinistra, vaga somiglianza a P.E.Baracus dell’
A-Team.
Le ragioni della mia visita non sono sconosciute a Sua Eminenza, avendo io dovuto esporle già a tutta una serie di suoi segretari, seminaristi ed altri preti subalterni per poter accedere al presente colloquio. Desidero soltanto una semplice lettera di presentazione da esibire alle comunità cattoliche nei Paesi che visiterò nel corso delle mie future peregrinazioni.
Lettere analoghe mi sono state gentilmente sottoscritte dal sindaco del mio paese, dalla redazione di una conosciuta rivista regionale e dal parroco di Pettorano (quello della mia parrocchia non s’era fidato!). Nessuna di queste persone aveva l’obbligo di farlo, ma in nome della fratellanza mi hanno aiutato con genuino entusiasmo.
“Voi siete il Signor D’Aprile…” chissà perché, da subito coglievo similitudini con l’analoga scena del film “Grande Lebowski”. Ero tentato di correggerlo: “No, no, lei è il Signor D’Aprile, io sono Drugo…”. Poi l’interrogatorio: “Che titolo di studio avete? Viaggiate per conto di quale ente? Fate questo viaggio per qualche TV?” …. Che???... Ah, tutto chiaro, se io fossi un potente e/o ricco e/o potenzialmente pericoloso riceverei tale lettera. Ma… “In questi termini la mia risposta non può che essere negativa”. Fine del colloquio.
Esco dall’ufficio deluso e anche un po’ disgustato. Chiamatemi ingenuo, ma da un uomo “di fede” m’aspettavo entusiasmo, comprensione, una pacca sulla spalla e una benedizione. La realtà sono invece i freddi calcoli di dare/avere di un burocrate. Mentre attraverso l’austero corridoio in pietra mi avvicina il segretario per chiedermi come è andata. Ho davvero le palle girate e sono sul punto di spiegargli
con fare grafico l’uso che Sua Eminenza dovrebbe fare dell’anello ma, eureka, mi torna in mente la medesima scena del “Grande Lebowski”. È un attimo. “Tutto bene, mi ha detto di dare a lei la lettera per firmarla e timbrarla”. Entriamo insieme in un secondo ufficio e pochi minuti dopo, incredulo, esco con ciò per cui ero venuto.
Ciò nonostante, la sensazione di marcio resta e durante le prime ore di viaggio rumino su ciò che la religione rappresenta per l’umanità, sul suo immenso potenziale taumaturgico e sulle distorsioni e brutture che invece derivano dalla sua istituzionalizzazione. Il viaggio da Raiano a Roma dura (in treno) circa tre ore, poco più di 150 Km di distanza, media scandalosa per il secolo XXI. Rappresenta il vecchio a cui infatti ormai tutti qui preferiscono l’autobus. Ma a me le sue rughe piacciono, e poi non ho fretta. Ho preso l’ultimo treno, quello delle 19, fuori è buio, neanche il panorama degli Appennini a distrarmi dai miei propri pensieri. Mi vengono alla mente due storie tanto simili nel soggetto quanto distinte nello svolgimento.
La prima è quella di Mario, un mio amico cui qualche anno addietro, quarantenne, venne diagnosticata una grave
forme di cirrosi che, a detta dei medici, avrebbe posto fine alla sua vita nel giro di pochi anni. Mario, camminatore, non fedele, decise di fare un voto, s’impegnò a fare ogni anno manutenzione ad una vecchia croce di ferro situata sul Monte Majella a 2800 metri d’altitudine finché il Signore gli avesse dato energie sufficienti ad adempiere tale onere. La croce in questione misura circa 2.5 metri, ragion per cui, ogni anno, oltre a vernice e pennello, v’è bisogno di portar su una scala. La scorsa estate lo accompagnai in tale annuale viaggio e quello della foto in effetti sono io, non lui, che da un colpetto di pennello a -nel mio caso- mero uso dell’obiettivo. Mario invece aveva trasportato il materiale nello zaino e la scala di metallo a spalla. Il punto di partenza del nostro trekking, La Majelletta è a quota 1900, un dislivello complessivo di circa 900 metri. Non è l’Everest, certo, ma vi assicuro che anche senza la zavorra di una scala e con 25 anni di meno sulle spalle, bisogna possedere un’ottima condizione fisica per raggiungere la vetta. E tale impresa la ripete ogni anno. Mario, oltre a far voto, smise a suo tempo
di bere, di fumare e di mangiar carne, e questa suppongo è la ragione fisico/chimica che gli permette d’esser (ben) vivo 15 anni dopo, ma cosa rappresenta la religione in questo caso (e in tanti analoghi) se non una spinta, una speranza, un qualcosa in cui credere che ti aiuta a vivere? Non si tratta di stabilire se esiste o meno un ente supremo che ci aiuta in caso di necessità; questo è intangibile. Nella mia modesta opinione, il fatto stesso che la vita di milioni di persone sia migliore per il solo fatto di credere (in qualcuno o in qualcosa) avalla al 100% l’esistenza stessa delle religioni.
La seconda storia è invece a dir poco grottesca. Nell’ottobre scorso, il parroco di Bagnaturo (altro paese abruzzese), ha rifiutato di celebrare la messa funebre per un parrocchiano deceduto perché reo questi d’esser “divorziato”. Orbene, parenti ed amici del defunto non hanno apprezzato e al mattino dopo il sacerdote è stato costretto ad abbandonare la chiesa scortato dai carabinieri fra gli insulti e le minacce della folla inferocita. Ai giornalisti, il religioso ha dichiarato d’aver agito in obbedienza agli ordini ricevuti del… indovinato, no?… del vescovo di cui sopra. Questi, intervistato,
ha dichiarato d’essersi limitato ad applicare il diritto canonico. Di nuovo il burocrate che prende il sopravvento sull’essere umano; la ragione (contorta) che vince sul sentimento; la norma scritta che cancella il buon senso.
Ed infine i papi. Sul Monte Morrone, a due passi dalla parrocchia che rifiutò il funerale al “divorziato”, sorge l’eremo di San Celestino, eretto in quello che per anni fu il luogo di ascesi di Pietro da Morrone, divenuto papa nell’agosto 1294 col nome di Celestino V. La fama di tale uomo risiede nel fatto d’esser a tutt’oggi, in 1974 anni di storia del Vaticano e dopo ben 267 papi, l’unico capo della chiesa ad aver denunciato il proprio incarico. Era un monaco e un asceta, evidentemente poco aveva a che spartire col business della simonia. Il 13 dicembre dello stesso anno abdicò. Sei mesi dopo venne arrestato su ordine del nuovo papa (nonché segretario di stato durante il breve pontificato dello stesso Celestino) e incarcerato nella Rocca di Fumone dove morì per cause misteriose…
Sono a Roma, mi ospita il mio buon amico Pino. Gli parlo dell’incontro di stammatina col vescovo. Come sempre succede, il senso di disgusto per qualcosa diminuisce al parlarne
con un amico, così come una medicina sembra meno amara se diluita nel succo di limone. Il Vaticano è a soli due passi dal suo appartamento; la basilica di San Pietro e il prospiciente colonnato del Bernini restano uno spettacolo da contemplare ammirati. Si può cercare la foto perfetta o si può guardare più in la, oltre il famoso balcone, ove un nuovo inquilino regna. Nel suo primo anno di pontificato ha chiaramente assunto posizioni conservatrici tanto in ambito religioso (veto al sacerdozio femminile, per esempio) quanto sociale. Sfortunatamente la sua parola in Italia conta eccome. E così, tristemente, nell’anno di grazia 2007 ancora non riconosciamo le coppie di fatto. Non mi ci giocherei le mutande sporche, ma credo che l’Italia sia l’unico Paese sviluppato a non possedere legge alcuna a tal proposito. Bello.
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Marcolitaliano
Marcoelitaliano
Complimenti
Autore: Arnaldo Data: 24 Gennaio 2007 ciao marco.... complimenti e congratulazioni per il tuo lungo e sontuoso viaggio....sai che sembri proprio un editore, con il tuo accento erudito.. di nuovo complimenti....