in cima al Thorong-la!!


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Asia » Nepal » Annapurna
August 16th 2016
Published: August 16th 2016
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Non ho parole per descrivere questa giornata.Epica, pazzesca, estrema; ma gli aggettivi non bastano. Sveglia alle 4 di mattina, dopo una notte – e tutto il pomeriggio prima –passati al gelo. Infatti – essendo bassa stagione – il rifugio non si è rifornito di legna da ardere. Ho dormito con la cuffia di lana, i pantaloni da neve, t-shirt, camicia e giacca a vento.







Dopo una veloce colazione, si parte. Fuori piove, fa un freddo cane, siamo dentro le nuvole e c’è buio pesto per cui camminiamo al chiarore delle torce elettriche che ci leghiamo in testa. Meno male che Wolfgang, il barbuto ingegnere austriaco ieri è riuscito a ripararmela! Nel buio pesto le torce riescono a illuminare quel che basta per vedere dove mettere i piedi. Aggiriamo la montagna, salendo gradualmente. La carenza di ossigeno è pazzesca: ogni piccolo passo è come sollevare un macigno.







Anche se siamo i più veloci di tutti io arranco e ad ogni salita, ad ogni tornante mi fermo 1 minuto a rifiatare. Ogni tanto poi, capitano salite lunghe, e lì sono dolori. Tra l’altro c’è un freddo polare. Siamo in mezzo a pietraie e inizia a nevicare abbastanza forte. A lato del sentiero le rocce si imbiancano. Le nuvole dentro le quali siamo ci danno visibilità per max 200 metri. Ogni tanto incontriamo qualche tumulo di pietre o qualche bandiera da preghiera, e allora mi sento meno solo in quell’ambiente così ostile.







Dopo una salita particolarmente dura, sento il cuore battere all’impazzata, mi fermo e scarico lo zaino, metto in bocca un cioccolatino, credendo che così avrò un po’ più di benzina. Appena lo mastico, capisco subito che, se lo degluirò, lo vomiterò dopo poco. Quindi lo sputo subito. Rabi mi guarda basito: sa che il vomito è uno dei sintomi del pericolosissimo mal di alta montagna. Io però mi sento di non avere niente del genere, ma temo di rischiare una congestione : dopo 2 giorni al gelo, ora pur molto coperto ho il sudore che mi ghiaccia addosso, specie in vita. Lì dove siamo, qualunque tipo di soccorsi non arriverebbe mai in tempo, quindi poche balle e si continua.







Dopo un’ora abbondante dallo sputo del cioccolatino, complice anche il fatto che mi sono riinfilato meglio il maglione dentro i pantaloni, Rabi pronuncia le alate parole:” Nicola, quel colle di fronte a noi è il passo di Thoroug-la”. Quasi non ci credo, anche perché la nube rende tutto invisibile. Fatto sta che dopo una ennesima – ma modesta – salita, un groviglio di bandiere da preghiera sancisce il nostro arrivo sul passo più alto del mondo!!! 5.416 metri , raggiunti a piedi partendo da 800 metri e portando uno zaino di 12 kg!!!. Il piccolo rifugio sul passo è chiuso, e allora io e Rabi scarichiamo gli zaini e ci facciamo mille foto, dopo aver liberato dalla neve la targa che sancisce il passo di montagna.







Sotto neve e vento gelidi, aspettiamo circa un’ora per l’arrivo degli altri compagni di viaggio: Sergio il portoghese, i due baschi, i due austriaci. Abbracci e foto, ma poi io e Rabi ripartiamo per evitare l’assideramento.







La discesa è molto ripida, ma comunque agevole.L’altro versante della montagna ci consegna un paese diversissimo: pietraie, pietraie e poi ancora pietraie. A un certo punto le nubi si dissolvono, rivelando in parte le cime innevate e altissime dell’Himalaya.







Continuiamo a scendere per 2 ore. A un certo punto un piccolo spiazzo con prato alpino sembra un balcone da cui si vede – di fronte a noi – il pazzesco spettacolo delle montagne desertiche dell’Upper Mustang con le loro splendide sfumature grigie, marroni, violetto, e – in fondo – il verde del fondo valle, un piccolo scrigno di vita in quel bellissimo deserto infernale.







Due chiacchiere con una simpatica famiglia olandese che sta salendo verso il passo. Poi scendiamo, sendiamo,scendiamo fino ad arrivare alla agognata Muktinath –3.760 metri. Ci sistemiamo al Monna Lisa Hotel, doccia calda – la prima doccia dopo 4 giorni !! – e neanche il tempo di pensare a quante cose sono successe oggi (è solo mezzogiorno)! che ci ricordiamo che oggi a Muktinath c’è il famoso festival di Yartung – una specie di festival annuale dei valligiani per festeggiare la fine del ciclo agricolo -. Gare di arcieri, ma soprattutto la gara di corsa a cavallo. Uno spettacolo incredibile:uomini e donne che hanno percorso giorni di camino per vedere il festival, con coloratissimi abiti tradizionali e gioielli.







Sembra un documentario del National Geographic, e invece è tutto vero. La gente stipa i lati dell’unica via di Muktinath si accalca sui tetti delle case per vedere le prodezze dei cavalieri che – superbamente agghindati – vanno in corteo al tempio a farsi benedire, e poi galoppano come pazzi sotto la pioggia dell’unica via per allenarsi. La gara vera sarà domani, io non ci sarò ma oggi è già stato un evento pazzesco. Torno in albergo dopo centinaia di foto e una birra con Sergio. Poi, insieme a Rabi andiamo a visitare il famoso tempio. Appena a monte del villaggio, un ampio recinto delimita un’area di alcuni ettari di montagna. Dentro, un tempio indiusta e 3 –4 tempietti buddisti. Tutti cinti da un torrente sacro, che nasce d una sorgente sacra pure inclusa nel recinto. Pellegrini hindui giungono fin qui dall’India (infatti ogni Hindù dovrebbe venire qui almeno una volta nella vita: Rabi ha telefonato a sua mamma per dire che era al tempio di Muktinath, e lei era molto felice! Il tempietto Hindu è circondato da 108 fontanelle (108 è numero sacro per gli hindù) di acqua sacra, che bevono e usano per lavarsi.



Nel piccolo tempietto buddista, oltre ad antichi affreschi, un odore di metano segnala la presenza sotterrane di gas naturale. Sotto l’altare di Buddha, da una grata si può vedere una fiamma naturale che brucia da tempo immemorabile – un po come i templi zozoastriani nel Caucaso.







Torniamo all’hotel, cena e alle 20,00 vado a dormire distrutto da una delle giornate più intense, belle e forti della mia vita.

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