secondo giorno di marcia


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March 11th 2012
Published: March 11th 2012
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Partiamo di buon mattino.Attraversiamo il fiume sul solito ponte di cavi sospeso. La strada è in salita ma non eccessiva. Troviamo però frequenti frane e smottamenti, che ci costringono a scavalcare massi e a farci largo tra le rocce cadute.



La valle del fiume Marsyangdi è bellissima: pareti verticali verde smeraldo si inabissano nella sua gola, sul fondo il fiume impetuoso ribolle e scuote le montagne col suo suono.



Le cascate che si gettano nel fiume sono moltissime, non riesco nemmeno a contarle, alte anche più di 100 metri. Nuvole basse avvolgono le montagne, dando un senso mistico a tutto questo paesaggio. A un certo punto ci fermiamo a bere una coca cola in una tavernetta lungo il sentiero.



Ci imbattiamo in un simpatico signore che vuole esercitare con me il suo inglese. Siccome il tentativo si arena miseramente ben presto, faccio intervenire Rabi cui “delego” la chiaccherata con lui. Rabi poi mi riferisce che quel signore è un rappresentante locale del Partito Democratico. Ai tempi della guerra civile – quindi pochi anni fa – i maoisti lo minacciarono di morte, e lui quindi lasciò Taal e andò a vivere a Besi Sahar; ma a Taal continua ad avere case, terreni e il cuore. Quindi lui oggi, come tanti altri che abbiamo incontrato lungo la via, va a partecipare al raduno per il progetto idroelettrico. Anche lui si dice contento del progetto, che potrà migliorare molto le condizioni di vita dei valligiani, ma vuole che ai locali venga data la precedenza quando dovranno essere assunti gli operai per i lavori.



Riprendiamo il cammino.



Rabi mi conferma che la guerra civile ha destato una forte passione politica nei nepalesi: oggi si contano 40/50 partiti. Troppi, dice lui, che non mi nasconde di ammirare il modello “semplificatore” cinese, molto più di quello indiano: “<em style="mso-bidi-font-style: normal;">per il bene di tutti occorre sacrificare qualcosa”.



Per strada continuiamo a incrociare <em style="mso-bidi-font-style: normal;">gurung provenienti da Taal e diretti al luogo del raduno. Rabi mi spiega anche un interessante retroscena del progetto della diga. L’appalto per assegnare il progetto ebbe luogo l’anno scorso, quando al governo c’erano i democratici. L’appalto fu vinto da una società indiana. A quel tempo i maoisti –acerrimi nemici dell’India e, invece, molto vicini alla Cina- si dichiararono del tutto contrari al progetto. Poi, vinte le elezioni, i maoisti cambiarono radicalmente idea.



Mangiamo a Chyarche, un piccolo grazioso villaggio di <em style="mso-bidi-font-style: normal;">gurung.



I <em style="mso-bidi-font-style: normal;">gurung sono una etnia che vive in queste zone, di ceppo mongolo-ricordano fisiognomicamente i tibetani –e di religione buddista lamaista. Sono solo le 10 e 30 , ma visto che non ci saranno più locande per le prossime tre ore, anticipiamo il pranzo. Mangio un buon piatto di patate e pollo e una zuppa di funghi.



Da Chyarche scendiamo di nuovo al fiume che ruggisce rabbioso. Lo scavalchiamo con un altro ponte sospeso. Mentre lo attraverso penso cosa sarebbe farlo in rafting…..sicuramente una pazzia suicida, ma anche una grandissima figata!



Il sentiero poi sale, e anche di parecchio. Si arranca sulle pendici, passiamo anche in mezzo ad un campo di granoturco eroicamente arroccato su pareti quasi verticali. Una donna che abbiamo incrociato poco prima ci ha detto di fare attenzione perché in mezzo al granoturco ci sarebbero diverse scimmie. In realtà noi non ne vediamo neanche una. Reggo bene il passo, ogni tanto mi fermo a bere e sono completamente bagnato di sudore, ma non sono sul punto di schiattare come ieri.



Dalla cima di una collina scendiamo a valle e poi inizio l’ultima, dura salita. Ripida, pericolosa, lunga e senza sentiero; si cammina solo sulle nude rocce.



La salita costeggia il fiume, che qui ha una fortissima pendenza, e il fragore e’ massimo. E’ impressionante osservare la violenza dell’acqua, i getti, le rocce, la schiuma. La forza dell’acqua è tale che potrebbe tritare qualunque cosa.



Il fiume “<em style="mso-bidi-font-style: normal;">carinamente latra”.



Durante la salita ci fermiamo un attimo a bere una <em style="mso-bidi-font-style: normal;">sprite, per avere un po’ piu di energie. Poi, mentre stiamo per arrivare alla fine della salita, due <em style="mso-bidi-font-style: normal;">gurung scendono. Uno di loro tende un bastone in orizzontale, sul quale pende un serpente inerte. Per maggiore sicurezza, lui lo sbatte con gran forza su una roccia per finirlo. Rabi gli parla e poi mi riferisce che – secondo quegli uomini - il serpente era velenoso, mentre Rabi in realta’ non pensa che lo fosse.



Subito a ruota altri due uomini portano a spalle due enormi taniche piene di carburante diesel. A spanna potrebbero tenere 40-50 litri. Le taniche sono fissate con un laccio alla loro fronte. Dicono che le devono portare al cantiere di scavo per la nuova strada, perché lassu’ sono rimasti senza carburante e non possono più perforare la montagna. Mi indicano verso l’alto il cantiere – non volevo crederci – saranno stati almeno 500 mt di dislivello. Ci metteranno due giorni di agonia infernale per arrivare lassù, e il tutto per una paga da morti di fame….



Finalmente, arriviamo a Taal – 1700 mt. Ce lo annuncia un’ampia ansa del fiume, qui molto placido – infatti Taal significa “lago”.



E’ proprio qui infatti il sito prescelto per la diga. Camminiamo sul nuovo argine in costruzione- cubi di rete metallica riempiti con pietre – e arriviamo nel pacifico villaggio, in un punto in cui la valle è molto più ampia. Taal è fatto da poco più di due case. Anche qui sono quasi tutte adibite a Guest house. Adesso è bassa stagione ma da ottobre in poi me le immagino tutte piene di viaggiatori. Una Guest – house mi colpisce: ha le pareti bianche, le finestre blu. Varie scritte sono in tedesco e inglese a dare il benvenuto al viandante. E’ chiaramente abbandonata: come mi dice il mio oste, il padrone anni fa andò in America e ora è tutto abbandonato.

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