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Published: September 17th 2006
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Oggi voglio rispondere pubblicamente ad alcuni commenti, come scusa per raccontarvi altre cose.
Cara Petra,
- a parte il fatto che, come ti ho già detto, io sono un animale profondamente diurno, mi sveglio e mi alzo quasi sempre attorno alle 6am (se non prima) e quindi alle 3 di notte voglio solo dormire e non mi interessa proprio mangiare una pasta (e comunque non sarei più in grado di distinguere i noodles dai lombrichi 😊)
- a parte il fatto che sono costituzionalmente incapace di dormire alla mattina, e quindi non potrei recuperare il sonno perso arrivando 4 ore dopo in ufficio
- a parte il fatto che stai parlando con una che soffre di culto della correttezza e del quando-prendo-un-impegno-lo-rispetto-a-tutti-i-costi a livelli quasi (quasi? mah) patologici, e quindi non potrei mai farlo
- a parte il fatto che, se arrivassi 4 ore in ritardo dicendo che non so perché e il cliente mi cacciasse a calci (piuttosto comprensibilmente, direi, visto che ha speso un bel po' di soldi per farmi venire qui a lavorare e non per fare la turista alternativa 😊), ehm... in quel caso mi manterresti poi tu?? 😊
- a parte tutto questo, non è
allenamento
Squadra di baseball, in un giardino qui vicino pensabile chiacchierare con il cuoco medio. Né con il giapponese medio. Le persone che parlano inglese, o che almeno ci provano, sono veramente pochissime: giusto quelle che proprio devono farlo per lavoro. E spesso anche quelle lo parlano poco e male... Me l'avevano detto in tanti prima di partire, ma altri mi dicevano che _tutti_ studiano inglese e che il livello delle scuole giapponesi è alto, quindi pensavo vagamente che fossero esagerazioni e che un sacco di gente parlasse inglese, magari male come tanti italiani, ma comunque abbastanza da capirsi. No. La stragrande maggioranza della gente, alla domanda du iu spik inglisc, risponde con un NO deciso (e spesso mi sembra quasi spaventata). Succede persino in ufficio! Ero strasicura che fosse diverso almeno lì, visto che sono tutti giovanissimi (potrei essere la mamma anche del mio capo, che è il più "anziano" fra tutte le persone che frequento!!! :-/) e, mannaggia, lavorano nel settore dei videogiochi... Invece no, gli ingleseparlanti sono rarissimi anche sul lavoro. Mah! Poi c'è un'altra cosa: non è neanche facile stabilire comunicazioni con il giapponese medio, in qualsiasi lingua sia. Non so quanto sia per timidezza, quanto per una loro maniera di intendere il rispetto, quanto
per chissà quali altri motivi, ma in genere non mi/ci guardano neanche. A volte credo di essere diventata invisibile... Poi scopro di non esserlo perché i bambini piccoli spalancano gli occhi vedendo noi bizzarri stranieri, ma a 5-6 anni in genere hanno già imparato a farci scivolare gli occhi addosso. In ufficio, dopo un mese che ci incrociamo nei corridoi chissà quante volte al giorno, finalmente anche qualcuno di quelli che non ci sono stati presentati inizia a farmi/ci un cenno con il capo o un abbozzo di inchino... immagino che se stessimo sei mesi forse ci sorriderebbero anche, ed entro qualche anno magari ci rivolgerebbero la parola. 😊
Unica eccezione, finora: il giorno in cui mi si è rotto un sandalo e ho camminato scalza dalla stazione all'albergo, mi hanno guardato in parecchi (per più di una frazione di secondo, I mean) e mi hanno addirittura rivolto la parola ben due persone. E uomini. E per strada! Incredibile. Uno non so che cosa dicesse, parlava solo giapponese, ma guardando il mio sandalo aveva un'aria sconsolata; suppongo che, come me, pensasse che tanto valeva buttarlo via. Un altro invece ci ha messo qualche parola d'inglese e una buona mimica e
ho capito che, secondo lui, era riparabile. Evidentemente vedere una persona scalza per strada li ha sconvolti tanto che hanno superato ogni tabù. Visto che, in un certo senso, mi sembra di essere qui da anni e anni, sentirmi rivolgere la parola da sconosciuti è stata un'esperienza un po' strana anche per me; credo che mi sembrerà davvero bizzarro, fra poco, tornare fra persone che si rivolgono la parola anche se non si conoscono intimamente.
Del resto anche fra loro non è che parlino un granché; alle 11.05 il bagno delle signore è strapieno di ragazze (che si truccano se non hanno potuto farlo a casa, o che si ritoccano il trucco, e che comunque controllano il loro aspetto già curatissimo e impeccabile) ma è raro che parlino tra loro! Immagino che in Italia, nella stessa situazione, il chiacchierio sarebbe assordante.
Un'esperienza tragicomica, e che ormai abbiamo imparato a evitare, è chiedere informazioni precise nei negozi o negli uffici o da qualsiasi altra parte. Esempio: dopo l'infermiera che non voleva farmi uscire dall'ospedale per fumare perché non avevo un posacenere portatile, ho deciso di procurarmene uno (come, del resto, invitano a fare i cartelli del tipo "pubblicità e progresso"). Nel
ristorante qui sotto vendono un sacco di gadget e quindi una mattina, mentre uscivamo dopo aver fatto colazione, ho avuto la pessima idea di chiedere se ne avevano uno. Non l'avessi mai fatto... la ragazza interpellata è stata presa dal panico a sentirsi dire in inglese qualcosa che non fosse A, B, C o D (i nomi delle colazioni) e ha chiamato un altro che ha chiamato un'altra e così via... insomma, tutto il personale attorno a me/noi. Ho spiegato che cosa volevo, con parole e mimica, alla ragazza più angloparlante del gruppo, ma non siamo riuscite a capirci: lei continuava a volermi dire che le leggi limitano i posti in cui si può fumare, io le dicevo che lo so ma che volevo un posacenere da usare nei posti in cui si può, e lei riprovava a spiegarmi le leggi. A un certo punto ci si arrende sempre: ho fatto un gran sorriso, l'ho ringraziata caldamente, e l'ho comprato in un supermercato dove basta indicarlo. Lo stesso è successo ripetutamente a tutti noi, in mille occasioni; non crediate che sia colpa mia. 😊 Xavier ha chiesto, in un negozio di musica, dove poteva trovare un cd. Sono arrivati tutti.
Eccetera eccetera; succede sempre di trovarsi con una piccola folla attorno, tutto il personale convocabile. Abbiamo decisamente imparato (tranne Thorsten, che insiste a fare battute in inglese che scatenano il panico 😊) a stare zitti.
Il problema è che molti sanno qualche parola di inglese, soprattutto nelle zone frequentate dai turisti stranieri (che sono incredibilmente pochi, per essere una capitale), ma spesso sanno tutti le stesse 10 parole e quindi non è che serva a molto se sono in 7: le parole disponibili sono sempre 10, non 70.
Insomma, se chiacchierare con i camerieri è impossibile, figurati chiacchierare con il cuoco... :-(
Cara Marina, sono contenta che tu abbia potuto provare una tale meraviglia. Visto il successo strepitoso della prima foto, ho fotografato per voi anche un paio di altri WC e aggeggi connessi. Eh, sì, sono una romanticona. 😊
Cara Ale, sì, buona parte di quelle foto sono state fatte a Harajuku (per chi non sa di che cosa stiamo parlando, è una zona di Tokyo diventata di moda ai tempi delle Olimpiadi del '64; alla domenica si riempie di ragazze e ragazzi vestiti nei modi più strampalati, come avete visto) (se volete vederne altri,
basta googlare harajuku girls). Ci sono stata ben 2 volte, sperando di vedere anche le ragazze descritte nella mia guida: in divisa da infermiera con finte macchie di sangue sul camice!!! Ma non ce n'erano (non saranno più di moda), oppure mi sono sfuggite tra la folla.
Comunque moltissime foto degli abbigliamenti bizzarri sono state fatte in giro per la città, non a Harajuku. E ce ne sono tantissimi che non ho potuto fotografare, sob.
Per chi vuole approfondire l'argomento, e capire che importanza estrema ha l'abbigliamento per gli attuali giovani giapponesi, segnalo il film "Kamikaze Girls". L'ho visto prima di partire (sono andata in un videonoleggio e ho detto: datemi tutto quello che avete sul Giappone!) e credevo che fosse mooooooolto esagerato, ma ho cambiato idea...
Caro Silvanone, porterò tutti i cibi secchi che riuscirò a far stare in valigia... quindi non molti, temo. :-( Ma di sicuro un bel po' di alghe, che qui costano pochissimo!
Cara Roberta, volevo andare a comprare un paio di calze buffe per Federica, dopo il tuo commento, ma non faccio più in tempo... Nonostante i treni veloci e spaventosamente puntuali, questa città è talmente gigantesca che ci vuole
sushi
(che poi, fino a sera, ha minacciato di uscirmi dalle orecchie) un sacco di tempo per andare da una parte all'altra. Vedrò se riesco a prendergliene un paio con l'alluce separato, quelli sono più comuni!
Caro Yako, arigato gozaimasu per l'apprezzamento. Chiederò al capo se serve un lavacessi. Ma non sarebbe più semplice (e piacevole) se ti mettessi a tradurre videogiochi anche tu?? 😊 Un bacino alla piccolina!
Cara Liliana, ti ho già risposto nei commenti... Non sono capitata per sbaglio a Disneyland, è che Tokyo dev'essere cambiata un bel po' dall'ultima volta che ci sei stata tu. Vorrei che fossi qui! Mi divertirebbero molto i tuoi commenti.
E ora un po' di foto! Baci a tutte/i.
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