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Published: February 10th 2019
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Strano l'Egitto: piu' di 100 milioni di abitanti si concentrano in solamente il 5% del paese a loro disposizione, prevalentemente lungo il corso del Nilo ed in minor misura lungo la costa mediterranea, ammassandosi in citta' sempre piu' sovraffollate ed inquinate; poca colpa ne hanno perche' tutto il resto e'.... deserto! Decido allora di lasciarmi alle spalle la cosiddetta "civilta'" e di allontanarmi dai grandi centri abitati per andare a scoprire quello che gli egiziani chiamano Deserto Occidentale e che noi conosciamo piu' semplicemente con il nome di Sahara.
La mia attenzione si concentra su Siwa, l'oasi per eccellenza, quella piu' lontana da tutto e che ha mantenuto piu' intatte le sue peculiarita' di isola sperduta in mezzo al nulla. Oggi si raggiunge facilmente con l'autobus in cinque ore partendo dalla costa, lungo una piu' che degna strada asfaltata a due corsie, ma una volta raggiuntala si e' arrivati alla fine del viaggio: 50 chilometri ad Ovest c'e' la Libia, da evitare; ad Est verso la valle del Nilo si entra in un territorio percorso da contrabbandieri di armi e droga a cui i militari danno la caccia sparando a vista contro chiunque commetta l'imprudenza di percorrere quelle strade, comunque
interdette a noi forestieri; a Sud il nulla, o meglio, centinaia e centinaia di chilometri quadrati di sabbia e dune alte come palazzi, acqua ed esseri viventi del tutto assenti, in quello che i geografi hanno ribattezzato il "Grande Mare di Sabbia".
Raggiunta l'oasi, per prima cosa la scelta del campo base: trovo alloggio presso il longevo Palm Trees Hotel, una decrepita locanda al limitare del palmeto costantemente infestata da zanzare iperattive anche in queste fredde notti invernali; acqua calda e due coperte di lana rendono le condizioni di vita piu' che accettabili. Seconda necessita' l'approvvigionamento di scorte alimentari: i celeberrimi datteri di Siwa hanno popolato i miei sogni per molte notti di seguito per cui corro subito nel suk a comprerne una cesta da un chilo dei migliori per la ridicola somma di un euro e mezzo; sono quelli buoni, appena colti ed inscatolati dalla locale industria alimentare (Siwa produce due cose, datteri ed olive, oltre ad estrarre sale dal lago ed acqua dal sottosuolo) ma con mio grave disappunto si rivelano una grossissima delusione: gia' rinsecchiti, di piccola dimensione, poco dolci e molti di essi ripieni di quelle che a prima vista sembrano essere uova di insetto.
Terzo passo, procurarmi un mezzo di trasporto adatto che mi consenta di raggiungere velocemente ed in piena autonomia il confine del centro abitato e mi permetta di addentrarmi agevolmente tra le insidiose sabbie e le ripide dune; opto per una bicicletta da citta' dotata di cestino portaoggetti anteriore, cavalletto e comodo sellino imbottito in similpelle, ma la vera garanzia mi e' data dai due copertoni a prima vista quasi nuovi e privi di evidenti segni di degrado: non vorrei ritrovarmi a dover rattoppare una ruota sotto il sole cocente e comunque ne sarei a malapena capace e del tutto privo di attrezzatura.
Il giorno prestabilito per l'impresa mi attende l'ennesima tempesta di sabbia, la terza in due settimane, ma ormai tutto e' pronto e non posso piu' tirarmi indietro! Inforco il mio mezzo a due ruote e mi spingo con fatica controvento verso le prime dune che gia' spuntano all'orizzonte: un freddo e selvaggio grande mare di sabbia, sperando che a fine giornata non abbia da restituire poco piu' che un cerchione distrutto e tracce di copertone usurato, gli unici resti di un Mercante ancora una volta colpevolmente impreparato ma sempre vivo e pronto all'avventura....
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