In fuga dalla fede verso il selvaggio Far-West indiano


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Asia » India » Gujarat » Bhuj
January 23rd 2014
Published: February 10th 2014
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Benvenuti in Gujarat, la terra di Gandhi e del probabile prossimo primo ministro indiano, uno degli stati piu' industrializzati del paese ma allo stesso tempo ultimo rifugio per animali in grave rischio di estinzione quali l'asino selvatico ed il leone asiatico, patria della cucina vegetariana piu' raffinata e soprattutto luogo ancora poco visitato da turisti stranieri: sara' qui che il Mercante trascorrera' le ultime settimane di questo viaggio in terra indiana.

Ahmedabad, la capitale dello stato, e' una grande metropoli di quasi 5 milioni di abitanti in continua espansione, e la grande vetrina in cui esibire tutto il meglio di cio' che e' stato raggiunto in venti anni di sviluppo economico esponenziale; per il semplice turista tutto cio' si traduce in un traffico infernale ed un caos totale. Facile a dirsi, il luogo piu' adatto dove trascorrere le poche ore in attesa del primo treno in partenza dalla citta' e' il tranquillo ashram sulle sponde del fiume Sabarmati, da dove per lunghi anni il Mahatma Gandhi ha condotto la sua straordinaria lotta non violenta culminata con il raggiungimento della tanto sofferta indipendenza.

Champaner e' invece la vecchia capitale del Gujarat, ormai ridotta ad un cumulo di rovine e ad alcune preziose strutture rimaste in piedi a testimoniare l'altissimo livello artistico raggiunto da queste parti dell'India piu' di 500 anni fa. Tutto nasce da una piccola foto di 7 misteriosi archi di pietra trovata per caso su di un giornale, poiche' mai fino a quel momento avevo sentito parlare di questa localita'; arrivato sul luogo, scopro dolorosamente che la zona archeologica si estende su di un' area sterminata, con monumenti distanti tra loro e sparsi apparentemente a caso per un raggio di oltre 5 chilometri. Inizio la caccia di buon'ora e via via riesco a scovare tutto cio' che speravo, tra cui un'enorme struttura a nove cupole costruita a strapiombo sulla collina, la pregevole moschea del Venerdi', chilometri di mura e per ultimo, grazie al caso, i 7 famosi archi che tanto avevano stimolato la mia curiosita', spingendomi poi fino a queste lande desolate.

Dirigendomi piu' a Sud, arrivo nella celebre citta' sacra di Somnath, una delle centinaia in India, ma questa volta davvero una delle piu' importanti: il suo tempio e' infatti la sede di uno dei soli 12 jyotirlinga esistenti al mondo, delle rappresentazioni falliche simbolo del dio Shiva che in questo particolare caso sono addirittura manifestazioni visive della sua energia divina; agli occhi di un semplice mercante non iniziato, tutto cio' si riduce tristemente ad una lucida pietra nera rivestita di abiti colorati, a cui migliaia di devoti offrono, tramite le mani di severi bramini, ghirlande di fiori, noci di cocco e dolci, oltre alle loro suppliche e piu' disparate richieste. La bellezza del tempio risiede soprattutto nella sua posizione strategica proprio in riva al mare, cosicche' ogni pellegrinaggio si conclude immancabilmente con una gita sulla spiaggia, tra sfilate a dorso di cammello ed avventurose nuotate nelle acque agitate dell' Oceano Indiano.

Recandosi poi nella vicina Palitana si raggiunge un'altro dei luoghi piu' sacri del paese, ma questa volta per gli appartenenti ad una fede diversa da quella induista: l'oscuro e poco conosciuto jainismo. Nata contemporaneamente al buddismo, questa religione cosi' poco diffusa e praticata al di fuori dell'India prevede come principio fondamentale quello della non violenza, tanto che si sono poi diffuse le pratiche estreme di indossare una mascherina sulla bocca per non inghiottire inavvertitamente insetti volanti o di spazzare con uno scopino la strada su cui si sta camminando per non rischiare di schiacciare qualche essere strisciante; famosi sono poi gli appartenenti ad una particolare setta che vivono per tutta la vita completamente nudi e vengono cosi' poeticamente definiti "vestiti di cielo". Palitana e' la base da cui partire per l'ascensione alla sacra collina di Shatrunjaya, raggiungibile grazie alla salita di piu' o meno 3500 comodi gradini, oppure facendosi comodamente trasportare a spalla in un cesto, o su di una appena piu' stabile portantina, da 2 o 4 portatori; per i meno abbienti esiste anche la possibilita' piu' a buon mercato di assoldare una persona che ti accompagni su per la salita spingendoti da dietro con le mani sulla schiena: cio' che rimane del mio orgoglio mi ha comunque spinto a scartare anche quest'ultima opzione. Arrivati in cima si viene ripagati dalla presenza di piu' di 800 templi di tutte le dimensioni, ammassati l'uno contro l'altro ed ognuno contenente decine, se non centinaia, di piccole statue bianche dei vari tirthankar, figure storiche del jainismo che hanno via via col tempo assunto il ruolo di vere e proprie divinita'. Mi scuso anticipatamente con gli eventuali lettori giainisti italiani per le mie grossolane semplificazioni ed inesattezze, ma questo e' tutto quel poco che sono riuscito a saperne riguardo all'argomento. Anzi no, dimenticavo di dire che alcuni monaci e monache, dopo intensi anni di meditazione e di vita ascetica, smettono semplicemente di nutrirsi lasciandosi cosi' morire, con l'intenzione di liberare finalmente l'anima dall'infernale ciclo delle reincarnazioni.

Per cercare di rompere la monotonia del mosaico di religioni e luoghi sacri che l'India riesce ad offrire con incredibile abbondanza, l'arido e desolato territorio del Kachchh, situato all'estremo Ovest del paese, rappresenta il luogo piu' adatto in cui riparare e cercare rifugio: una sorta di Far-West in salsa indiana con dromedari e turbanti al posto dei classici cavalli e cappelli da cow-boy, anche se, in omaggio alla memoria del conterraneo Gandhi, le armi da fuoco sono ormai da tempo state dichiarate fuorilegge. L'infuocata citta' di Bhuj ne e' la capitale, ed il luogo in cui si concentrano le maggiori testimonianze di quel periodo in cui il maharaja locale regnava incontrastato su tutta la regione: una dinastia di principi guerrieri accorti e valorosi, il cui ultimo rappresentante, grande amante dei safari e delle auto sportive, conserva ancora un parcheggio riservato "a sua maesta' reale" presso il suo palazzo in centro citta', ormai convertito a semplice museo accessibile a tutti noi poveri plebei, ma a cui l'illuminato sovrano ha imposto, a differenza della maggior parte dei musei statali, la riscossione di un balzello d'ingresso identico sia per gli indiani che per noialtri viaggiatori stranieri, costretti solitamente a sborsare una cifra fino a 25 volte superiore a quella applicata ai visitatori locali.

Poco lontano da Bhuj, sulle coste del Mar Arabico, il piccolo porto di Mandvi nasconde un piccolo cantiere navale in cui vengono costruite alcune delle piu' grandi imbarcazioni di legno che si ritrovino a solcare i mari ai nostri giorni: possenti navi cargo che commerciano tra le coste indiane spingendosi fino ai paesi del Golfo Persico ed alle ancora piu' lontane coste dell'Africa Orientale. Poco lontano, chilometri di invitante spiaggia bianca attendono solamente che i piedi dello straniero imprimano per la prima volta le loro impronte su questi luoghi fino al momento ancora pressoche' inesplorati.

Ma per quanto ancora riusciro' a resistere al potente richiamo di canti e mantra che riecheggiano dai templi e dalle citta' sacre, attirando come mosche in una ragnatela gli ignari viandanti che si aggirano indifesi per gli insidiosi territori del Gujarat???


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