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Published: March 23rd 2016
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Destinazione Puente del Inca. Di cui ovviamente nessuno sa niente al terminal. Chiedo a tutte le compagnie, a tutte, nessuno sa niente. Quando spunta il botteghino di lei, la compagnia che passa con nomi random a random ore senza che nessuno dica niente, quella delle 30 ore senza mangiare o bere. Il signore al banco mi sorride, a me scoppia una colica. Lui ci va a Puente del Inca mi dice, basta prendere il bus per Mendoza e chiedere all'autista se ti fa scendere. Generalmente il 95% degli autisti ti fa scendere, aggiunge dopo che ho comprato il biglietto. L'atavica sfiga se la ride, per lei 95% è come sparare sulla croce rossa. Arriva il bus, guardo in faccia l'autista. Me lo sento già prima di chiedere. Non mi fa scendere, mi dice che non è possibile perchè il paesino sta prima della frontiera. È una spiegazione di merda penso, ma l'alternativa è gettarsi dall'autobus nel cuore della notte, nel cuore di un paesino di 4 case, sperduto nel cuore del niente. Il paesaggio dai vetri del bus è incantevole, un sali e scensi tra le Ande che dividono i mondi di Cile ed Argentina. Tra le vette innevate ed il
buio che schiude le curve verso l'altura del parco Aconcagua, la cima più alta del massiccio. Me lo vedo sfilare malinconicamente sotto la mia rassegnazione, a tre tornanti dalla frontiera. Dove passiamo circa 4 ore aspettando i controlli. Un malessere indefinito si impossessa del mio corpo, fino a scoprire casualmente che la scusa non solo era di merda ma anche falsa. Puente del Inca si trova un chilometro dopo la frontiera! Scendo, sono le 3 del mattino ma il mio ostello fa check-in H24. Sono le 4 del mattino quando stacco il dito dal campanello. Disperata, mi imbatto nell'unico altro ostello del paesino, dove i padroni sono fortuitamente ancora in piedi. Mi accolgono in questo posto di un sudicio direttamente proporzionale alla loro gentilezza. Mi offrono pizza ma non capisco se la cosa che vi cammina sopra è parte del condimento o no. La colazione non è inclusa ma me la offrono lo stesso, caffè e pizza con la cosa, che nel frattempo è deceduta. Prima tappa il ponte degli Inca, una formazione di sedimenti naturale formatasi durante una glaciazione. Mi avvio al parco per vedere l'Aconcagua. Sono in balia di sonno, sole ed altura ma ne valeva la pena!
Il pomeriggio riprendo il bus per Mendoza e da lì a La Rioja, da dove visito il parco Talampaya. L 'afa non si può descrivere, un passo una sudata. Il terreno è così arido che quando piove, una volta all'anno tipo, si forma una fanghiglia che impedisce il passaggio delle auto. E indovinate quando piove? Esattamente la notte prima che arrivi io che di conseguenza me lo devo girare a piedi il parco. In fondo, siamo solo a 50°C. Il parco Talampaya è un piccolo Gran Canyon, non ci sono molti animali ma è pieno di piante Shrek. Per la siccità queste piante hanno foglie minuscole, quindi ricoprono il tronco di clorofilla per soddisfare il loro bisogno di fotosintesi. Alla Quebrada di Don Gaetano rimaniamo cinque minuti in silenzio ad ascoltare l'intorno, la calma del vento ed il tempo che sbatte tra muri di rocce di milioni di anni. Qualche chilometro più in là tracce e fossili sparsi di dinosauri fanno gola ai turisti. Finisco i tre litri di gatorade e corro in ostello dove ho tempo di farmi attaccare da un bagarozzo grande come la mia mano, prima di filarmela a gambe levate da questo forno crematorio di città!
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