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Published: October 7th 2007
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A Gilgit si sta bene: non fa troppo freddo, i numerosi negozi mi consentono l'acquisto di buone scarpe e caldi indumenti per il freddo che verra', si trova tutto il cibo necessario ed una buona guest-house offre un sicuro riparo per la notte.
La citta' si raggiunge da Mastuj superando lo Shandur pass, che a 3810 metri d'altezza ospita il campo da polo piu' alto al mondo, e che vede una volta all'anno lo scontro tra le squadre di Chitral e quella di Gilgit: migliaia di appassionati e non raggiungono il passo, a bordo di jeep stracariche oppure a cavallo, si accampano e si godono la festa; come da tradizione i supporters di Gilgit portano fin quassu' la famosa "acqua di Hunza", una grappa ricavata dalle albicocche, mentre i chitraliani portano con se la buona charas prodotta nel vicino Afghanistan: il divertimanto certo non manca...
Qui in paese pero' c'e' ben poco da fare: dopo qualche giorno di riposo salgo a Nord lungo la Karakorum Highway, l'autostrada, se cosi' si puo' definire una striscia d'asfalto rattoppato larga si e no una corsia, che attraversando le anguste valli del Karakorum collega la capitale pakistana Islamabad alla citta' di Kashgar, in territorio cinese.
Raggiungo cosi' la mitica valle di Hunza, isolato territorio fino a poche decine d'anni fa turbolento regno indipendente all'interno dello stato attuale, famoso per la longevita' dei suoi abitanti e per l'abbondanza dei suoi raccolti; qui si pratica una particolare forma di islam, l'ismailismo, setta che ha come capo spirituale l'Aga Khan, che grazie alla sua fondazione riesce a finanziare numerosi progetti di sviluppo, soprattutto scuole, in tutte le zone abitate dai suoi seguaci; qui le donne sono relativamente emancipate e molto ben istruite: l'atmosfera ne risente in maniera positiva.
Karimabad e' la citta' principale della regione ed offre uno scenario davvero stupendo, dominato a Sud dalla maestosa cima imbiancata del Rakaposhi (7790m.) e poi tutt'attorno dall'Ultar Peak (7388m.), dal Diran (7270m.) e dall'inconfondibile sagoma del Ladyfinger (6000m.): risulta ovvio starsene comodamente tutto il giorno seduti ad ammirare queste bellezze della natura limitandosi solo a spostare la sedia in direzione della vetta desiderata. Sfortunatamente dopo soli due giorni il tempo peggiora e le nuvole rovinano il mio spettacolo quotidiano.
Salgo cosi' ancora piu' a Nord, fino a Passu, dove sorge la sua singolare cattedrale: un ammasso di aguzzi coni montuosi che sovrastano la valle scendendo a picco fino giu al
fiume sottostante; a questo punto pero' mi si scaricano le batterie della macchina fotografica e non riusciro' a ricaricarle chissa' fino a quando, poiche' da queste parti di energia elettrica ne arriva proprio ben poca...
Il freddo e' davvero pungente, soprattutto dopo che il sole, verso le quattro di pomeriggio, si ritira dietro le montagne; tempo quindi di una visita al tranquillo villaggio abitato principalmente da gente di etnia tagika (le donne portano il tipico cappello a forma cilindrica ricoperto da un velo bianco), per un abbozzo di trekking alla ricerca, infruttuosa, dei due ponti sospesi sul fiume, e poi via di corsa sempre piu' a Nord, fino a Sost, anonima e fredda citta' sede doganale, da dove partira' l'autobus che mi portera' oltre confine.
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