Papua mare e monti


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Asia » Indonesia » West Papua
February 8th 2016
Published: February 17th 2016
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L'aereo si rivela la prima delusione di questo viaggio: non uno scassato, instabile bimotore ad elica, bensi' un comune Boeing 737 della Trigana Air; venti minuti di volo, o forse mi sono addormentato e si e' trattato di qualcosina di piu', ed arriva la seconda delusione: non piu' il vecchio ed arrugginito aeroporto a forma di capanna ma una nuova e moderna costruzione dallo stile completamente occidentale! Fortunatamente per noi viaggiatori, ma forse non troppo per gli abitanti autoctoni, il governo indonesiano sta gia' provvedendo alla costruzione della prima strada che tra qualche anno (chi mi dice 2 o 3 anni, chi 6 o 7 ore...) colleghera' Wamena alla costa e quindi alle vie di comunicazione con il resto del mondo.

Sono arrivato nella Valle del Baliem, racchiusa tra le aspre ed inaccessibili montagne della Nuova Guinea, Cuore di tenebra o Shangri-La incantato a seconda dei punti di vista, rimasto nascosto agli occhi del mondo fino a qualche decennio dopo l'inizio del ventesimo secolo; e' qui che una civilta' millenaria combatte a fatica contro l'avanzare del progresso e l'invasione delle forze colonizzatrici esterne, preservando uno stile di vita rimasto immutato nel corso di centinaia di anni. Non e' facile ai nostri giorni, e la piccola capitale Wamena e' ormai a tutti gli effetti una citta' indonesiana dotata di banche, ristoranti ed hotel, ma basta spostarsi di poco lungo la valle per compiere un vero e proprio tuffo nel passato, dove le forze primordiali della natura si prendono costantemente la rivincita sull'effimera opera dell'uomo; qui sopravvivono tuttora usi e costumi primordiali, il piu' caratteristico dei quali e' senza dubbio quello da parte degli uomini di andarsene in giro completamente nudi indossando solamente un astuccio penico ricavato da una zucca essiccata piu' o meno lunga e piu' o meno storta a seconda delle esigenze. Ormai pero' solo gli anziani mantengono questa tradizione, destinata a scomparire se i giovani del giorno d'oggi non cominceranno a lasciar perdere quegli strani vestiti dal taglio occidentale cosi' fuori luogo in certi climi equatoriali (anche se la valle si trova a piu' di 1500 m.s.l., per cui la temperatura, soprattutto di notte, non e' poi cosi' soffocante...). Poche anche le donne rimaste ad indossare solamente una semplice gonna, tutte molto anziane ovviamente, ma in compenso sono ancora la maggior parte quelle di loro con una o, piu' spesso, piu' falangi delle mani mancanti, a causa dell'usanza di amputarsele in occasione della morte di qualche parente prossimo; donne che come nella gran parte del resto del mondo svolgono praticamente tutto il lavoro necessario al mantenimento della famiglia, da quello nei campi alla raccolta della legna per il fuoco, dal commercio nel mercato alla preparazione del cibo in casa. L'uomo, dal canto suo, se ne va allegramente in giro per la via con le mani dietro la schiena, sfoggiando orgoglioso il suo astuccio ed il suo copricapo di piume....

Gli uomini, oltre a cazzeggiare (fino a pochi anni fa passavano il loro tempo tra una guerra tribale e l'altra...), svolgono prevalentemente lavori occasionali, ma per lo piu' osservano e controllano il lavoro delle donne e l'ingrasso dei maiali, cosi' mi e' sembrato di capire. Tutti, indiscriminatamente, fumano quantita' smodate di tabacco e masticano voracemente noci di betel, ascoltano musica reggae e portano a tracolla la caratteristica borsa papua ricavata da fibre vegetali, in cui riporre sigarette e noci di betel... Ancora molto diffuse sono le tipiche abitazioni tradizionali: accoglienti capanne circolari di legno e paglia, raggruppate tra loro e circondate da una staccionata di pali appuntiti astutamente camuffati con uno strato di fogliame secco; l'animale sovrano della valle e' il maiale, in una oscura variante locale molto piu' simile ad un cinghiale selvatico.

Non e' stagione, essendo il clou delle manifestazioni culturali concentrato nei mesi di Luglio ed Agosto, per cui mi ritrovo ad essere l'unico bianco di questa parte della valle, che giunto per osservare e spiare gli indigeni finira' inaspettatamente per ritrovarsi in uno strano scambio dei ruoli, finendo costantemente sotto lo sguardo curioso dei simpatici ed affabili abitanti della sperduta Valle del Baliem...

Stanco delle troppe attenzioni ricevute tra le montagne dell'interno, ritorno sulla costa e trovo il tempo per un ultimo passaggio sulle navi Pelni, lasciandomi trasportare fino all'isola di Biak, dove ho in programma di trascorrere in pace assoluta le mie ultime settimane di vita qui in Indonesia. Prima pero' una doverosa visita alle "Grotte Giapponesi": qui, come lungo tutta la costa settentrionale della Nuova Guinea, si sono svolte alcune delle piu' grandi battaglie nell'Ocano Pacifico durante la seconda Guerra Mondiale, le cui immagini ci sono state riproposte in epocali film interpretati dall'eroe di turno John Wayne, che quando non intento a sterminare pellerossa si occupava anche dei fastidiosi musigialli... Qui a Biak, per stanare migliaia di soldati giapponesi nascosti in una grotta, gli aerei americani hanno bombardato dall'alto, aperto un buco, gettato bidoni di benzina e dato fuoco al tutto; oggi si puo' attraversare un tratto di giungla, scendere nelle grotte ed osservare in un piccolo museo cio' che rimane delle battaglie combattute nell'area, eventi tragici che lasceranno per sempre impresso nei libri di storia il nome di questa piccola isola dei mari del Sud.

Cercavo pero' la pace, e dove andarla a trovare se non su una ancor piu' piccola isoletta al largo dalla costa? Raggiungo cosi' il villaggio di Bosnik, da cui cerchero' un passaggio per l'isola di Auki, sulla quale, secondo fonti attendibili, sara' possibile alloggiare in una comoda guest-house direttamente sulla spiaggia; riesco a coinvolgere nel progetto anche un birdwatcher finlandese di passaggio da quelle parti alla ricerca di uccelli del paradiso e quindi, aspettando con pazienza fino al giorno del mercato durante il quale gli isolani giungono sulla terraferma per vendere il loro pescato, riusciamo ad imbucarci su un'imbarcazione di ritorno verso casa. Attraversiamo un tratto di mare da sogno e da vicino Auki si presenta come la nostra porta d'accesso per il paradiso, ma, una volta sbarcati ed interpellato il capo villaggio, ci viene comunicato che l'isola non offre alcuna possibilita' di alloggio: dovremo trascorrere la notte ospitati da qualche famiglia e poi, alle prime luci dell'alba, dovremo cortesemente fare i bagagli ed andrcene al piu' presto! Ci avviamo scoraggiati verso la casa che avra' l'onore e l'onere di essere la nostra residenza, recuperiamo dell'acqua dal pozzo per una doccia veloce ed usciamo dal villaggio dirigendoci verso la spiaggia; e' qui che notiamo una grande casa su palafitte col tetto scoperchiato e chiaramente in rovina: la nostra guest-house! La conferma ci giunge dalla vicina famiglia di pescatori, da cui riusciamo anche a capire la parola "tsunami", o piu' probabilmente una grossa tempesta che ormai tre anni fa ha distrutto la nostra unica opportunita' di alloggio sull'isola.

Ce ne ritorniamo sconsolati sulla terraferma (soltanto un'isola piu' grande...), sotto un cielo grigio ed una fastidiosa pioggia che non cessera' per i prossimi giorni a venire: addio sogni di paradiso tropicale, addio Papua e rigogliosa natura selvaggia, ancora una volta vincitrice sulla presunzione di noi indifesi esseri umani....


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