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Published: February 10th 2012
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"Bandh" e' la parola che speravo di non sentire durante questo viaggio, ed invece eccomi qui, con un biglietto per partire inutilizzabile e la prospettiva di dover rimanere bloccato ad Imphal per altri due giorni. Il bandh e' lo sciopero selvaggio, la serrata generale che porta alla chiusura di tutte le attivita' commerciali ed al fermo di ogni tipo di mezzo di trasporto pubblico: ci si ritrova in un paese fantasma dalle strade deserte in cui solo alle farmacie e agli ospedali e' permesso rimanere aperti; qualche guest-house ha la compassione di accogliere solitari clienti presi alla sprovvista e per le strade solamente pochi autocarri, mezzi delle forze dell'ordine e le rare auto private presenti nel paese. Questo bandh di 48 ore e' stato proclamato dall'NSCN (National Socialist Council of Nagaland) in concomitanza con le imminenti elezioni amministrative ed il Giorno della Repubblica, festa nazionale che segna l'anniversario della nascita dell'India moderna, di cui il Nagaland, come altri stati, si trova involontariamente a far parte; I naga, qui in Manipur, si battono per la creazione del "Nagalim", il Grande Nagaland, che comprende ampie porzioni dei territori di stati confinanti.
Trovandomi con la prospettiva di dover rimanere recluso nel mio hotel
di Imphal per altri due giorni, opto allora per l'unica soluzione possibile: il passaggio su uno dei rari camion che, nel pomeriggio alla vigilia della serrata, si troveranno a passare da qui diretti verso Kohima, la capitale del Nagaland. Decido di appostarmi lungo la NH2, in prossimita' di un posto di blocco dell'esercito: non esattamente il luogo piu' sicuro dove sostare tranquillamente qui in Manipur, ma quello dove tutti gli eventuali mezzi di passaggio saranno costretti a fermarsi. Sul posto trovo gia' altri due ragazzi manipuri che hanno avuto la mia stessa idea e mi rallegro sentendomi dire che gli autisti saranno "gentilmente obbligati" dagli uomini in uniforme a darci un passaggio. E' cosi' che ci ritroviamo tutti nell'accogliente cabina di un Tata "1613", tre passeggeri e i tre autisti, cercando ognuno di trovare una posizione stabile sull'ampio divano che occupa tutto lo spazio a bordo. Viaggiamo scarichi e quindi riusciamo ad affrontare abbastanza agevolmente le lunghe salite che ci condurranno fino ai 1444 metri d'altezza della capitale; le brevi discese saranno caratterizzate dal lungo e costante stridio dei freni e dagli slalom improvvisati per evitare i profondi crateri pronti ad inghiottirci alla prima disattenzione. Arrivo a Kohima che e'
ormai buio e riesco fortunosamente a trovare uno dei rari hotel aperti, o meglio, dalla porta sprangata gia' alle sette di sera ma pronto ad alloggiarmi dopo aver sparato una cifra da capogiro (9 Euro!) che saro' a mio malgrado costretto ad accettare.
Eccomi dunque al secondo giorno passato in una fredda ed immobile Kohima, seduto ai bordi della strada esposto ai deboli raggi di un sole beffardo quando, del tutto all'improvviso, un tizio con baffi e cappello di pelo di bufalo sbuca dal nulla e mi si avvicina furtivamente bisbigliandomi nell'orecchio la parola proibita "Dimapur";
questa e' una grande citta' di pianura del Nagaland, a ridosso del confine con l'Assam: si tratta di una chiara offerta di un passaggio da parte di un tassista crumiro che sta cercando clandestinamente di formare un gruppo di passeggeri da scarrozzare, ad alto prezzo, praticamente fuori dallo stato. Gia' mi immagino la scena di noi fermi ad un posto di blocco improvvisato, presi a bastonate dai tirapiedi dell'NSCN, cosparsi di pece e piume e costretti a raggiungere a piedi la lontana Dimapur...
Niente di tutto questo, per fortuna, ed e' cosi' che, costretto dal demone del viaggio a stare sempre in
perpetuo movimento, mi ritrovo ormai fuori dal vero e proprio Nagaland, terra delle grandi montagne e delle grandi risorse dei suoi intrepidi abitanti, sempre pronti ad aiutare il solitario e vulnerabile viandante che si aggira sperduto lungo le sue strade.....
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