Alle porte della Mongolia


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Asia » China » Inner Mongolia » Hohhot
December 30th 2012
Published: January 12th 2013
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Temperatura minima -27 gradi, vediamo la massima: -12. Ottimo, proprio le condizioni ideali per il mio esperimento di sadismo climatico!Il luogo prescelto e' la non lontana provincia della Mongolia Interna, quella parte del territorio di origine del popolo di Genghis Khan che si trova attualmente sotto il controllo del grande impero cinese; la sua lugubre capitale porta l'invitante nome di Hohhot, che tradotto in inglese somiglia ad un sarcastico "cosi' caldo", fatto per cui sono stato ripetutamente preso in giro nei giorni precedenti la mia partenza. Ad appena una notte di viaggio in treno dalla tiepida Beijing (-10 gradi), la citta' si rivela, secondo le attese, tremendamente fredda e mi accoglie con una sottile coltre nevosa istantaneamente trasformatasi in una micidiale lastra di ghiaccio; trovo allora prontamente rifugio in una calda guest-house che, in questo periodo dell'anno del tutto fuori stagione, ricorda vagamente una tipica yurta mongola pronta per la consueta migrazione invernale verso pascoli migliori, con tende e mobili accatastati un po ovunque e salsiccie e grossi pezzi di pancetta messi a refrigerare comodamente appoggiati su di una panchina in cortile. Solo l'odore ed il livello di pulizia sono quelli classici di una abitazione pienamente funzionante; unico ospite al momento, a malapena tollerato, io. Hohhot non brilla di certo per le sue attrazioni turistiche, la vera Mongolia e' quella delle praterie, dei deserti e delle steppe, perlopiu' impraticabili al di fuori dell'estate; bastano quindi un paio di giorni per vedere tutto cio' che la citta' ha da offrire: l'immancabile statua di Genghis Khan, una selva di cupi palazzoni in stile socialista rivisitato alla cinese, un grande stupa bianco che ricorda a tutti l'aderenza di questo popolo al lamaismo tibetano, un scintillante tempio dedicato alla dea della misericordia Guanyin (versione locale dell'Avalokitesvara indiano) in cui svetta una sua colossale statua dorata, alta all'incirca 25 metri, nelle sue sembianze piu' sovrannaturali e spettacolari: con undici teste e diecimila braccia ed occhi, pronta a vedere e a soccorrere tutti gli esseri in pena di questo mondo bisognosi del suo aiuto. Un piacevole diversivo e' rappresentato dal vasto, moderatamente interessante ma allettantemente riscaldato Museo della Inner Mongolia che, oltre ai sempre affascinanti scheletri di dinosauri e mammuth, offre un'ampia panoramica di tutto cio' che la provincia ha da offrire al resto del paese: risorse minerarie pressoche' illimitate, pascoli e terre vergini infinite ed una sofisticata base di lancio per i sempre piu' intraprendenti cosmonauti e satelliti spaziali lanciati dall'orgogliosa madrepatria Cina. In cambio la Mongolia ne ricava livelli di inquinamento schizzati alle stelle, cumuli colossali di scorie, ricollocamento di fette considerevoli di popolazione ed una massiccia dose di propaganda rivoluzionaria, o cosi' almeno mi e' parso di capire dalle spiegazioni riportate, tutte rigorosamente in un incomprensibile mandarino. A breve distanza da qui, ma gia' nella confinante provincia dello Shanxi, per la precisione appena fuori dall'amena citta' di Datong, sorgono le straordinarie grotte di Yungang, uno dei primi e maggiori esempi di arte buddista di tutto il paese. Nato nella lontana India, passato attraverso il Pakistan e giunto fino a qui percorrendo quella grande autostrada del tempo che fu la via della seta, il buddhismo ha prosperato in Cina per buona parte del primo millennnio dell'era contemporanea, ed in questa zona, in un territorio oggi rinomato soprattutto per le sue numerose miniere di carbone, si e' espresso ai massimi livelli attraverso la creazione di numerose grotte che custodiscono al loro interno un numero impressionante di statue ed immagini sacre, fino ad arrivare alla costruzione di veri e propri templi e pagode all'interno della roccia, il tutto finemente decorato da una moltitudine di figure sinuose per lo piu' di chiara derivazione indiana, mentre altre di evidente ispirazione ellenistica, a dimostrazione del grande interscambio culturale ed artistico presente in queste zone gia' da piu' di duemila anni fa. Il tema dominante delle rappresentazioni e' quello dei "mille buddha", una serie infinita di piccole nicchie scolpite in bassorilievo, tutte contenenti la stessa identica immagine del buddha seduto a gambe incrociate; ma senza dubbio gli elementi che piu' colpiscono il visitatore sono le numerose statue dalle dimensioni colossali che ci osservano imperterrite dall'alto della roccia o da qualche fessura che col tempo si e' aperta tra le pareti; anche la pietra locale, con le sue caratteristiche venature di colore piu' scuro, contribuisce ad aumentarne il fascino e la loro particolarita'. Unica nota negativa, che pero' difficilmente riusciro' a perdonare, oltre al prezzo esagerato del biglietto d'ingresso (150 yuan, cioe' 18 euro!) ci siamo ritrovati del tutto inconsapevolmente a non poter accedere a 9 delle circa 45 grotte normalmente aperte al pubblico, cosa poi non cosi' grave se non fosse per il fatto che tra quelle chiuse ve ne erano anche quattro tra le piu' interessanti e particolari dal punto di vista artistico, per via degli stupefacenti rilievi dipinti rimasti del tutto intatti dopo oltre 15 secoli. Dipartimento dei beni culturali ed ufficio politico del partito comunista cinese tremate, l'ira del Mercante non tardera' a farsi viva, e sono gia' in fase di studio delle ritorsioni che, seppur del tutto simboliche, potranno comunque rappresentare una prima importante crepa in quella grande muraglia costituita dalla monolitica burocrazia del sistema che governa i rapporti tra lo stato ed il variegato mondo dei giramondo, viaggiatori e mercanti....


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