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Published: December 17th 2007
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Due cose attirano l'attenzione camminando per le strade di Louang Prabang: il numero impressionante di giovani monaci nei loro sgargianti abiti color arancio e le tante bandiere rosse con falce e martello che adornano edifici pubblici e case private; come e' possibile questa convivenza?
Quello che e' certo e' che il Laos e' il paese piu' povero della regione, ma la gente di certo non lo da a vedere e tutti sembrano proprio vivere felici e contenti. Un afflusso di turisti di anno in anno costantemente maggiore non potra' che migliorare le condizioni di vita di gran parte della popolazione.
Muang Pakbeng si anima solo dopo le cinque di pomeriggio quando approdano le due o tre navi provenienti dalla Thailandia con il loro carico di variopinti viaggiatori, per lo piu' nordeuropei, arrivati in Laos alla ricerca di avventura, relax o semplicemente in fuga da un paese in cui il turismo ormai la fa da padrone.
Mi imbarco il mattino seguente su una slow-boat, una barca lenta, noi occidentali, qualche locale, dei polli e sacchi di riso; dato il carico sproporzionato, i posti a sedere non saranno minimamente sufficienti ed io, ultimo arrivato, trovero' una sistemazione provvisoria a prua seduto su un
comodo sacco, in compagnia di quattro chiassosi uomini d'affari vietnamiti.
La navigazione si rivelera' piuttosto noiosa, senza rapide improvvise, attacchi di pirati o compagnia di giocosi delfini.
Dopo otto ore trascorse sulle ali di uno stanco Mekong, dal livello molto basso data la stagione secca, raggiungiamo la citta' di Louang Prabang, antica capitale del regno e tuttora principale centro religioso del Laos, dichiarata patrimonio mondiale dall'Unesco.
Nonostante le dimensioni contenute, cio' che stupisce maggiormante e' la quantita' enorme di wat, i templi buddhisti che proprio in questa citta' hanno sviluppato un loro particolare stile, che da essa prende il nome.
Pur essendo la seconda citta' del paese per dimensioni, tutto e' a distanza camminabile e, vista dall'alto, si nota come un fitto manto di vegetazione ricopra gran parte della sua superficie; e poi i due fiumi, il Mekong ed il Nam Khan, le cui sponde sono state provvisoriamente trasformate in orti da attivi contadini di citta' che, al calare del sole, si impegnano duramente nell'opera di irrigazione, su e giu' per delle ripide scale di fango.
Si visitano ovviamente i wat, ma dopo i primi tre o quattro ci si accorge presto della loro stretta somiglianza e si lasciano cosi'
perdere gli altri 50 o cento rimanenti.
Spesso i giovani monaci, che nei loro monasteri studiano anche l'inglese, si propongono per una breve chiacchierata, nella speranza di poter fare della buona pratica. Ovviamente con me hanno ben poco da migliorarsi e, dopo sole poche frasi, solitamente si inventano qualche scusa per andarsene, del tipo "scusa ma e' l'ora della preghiera" o "scusa ma devo andare a lavare il cane"!
Passerei davvero molti piu' giorni qui nella splendida Louang Prabang, nella mia piccola guest-house sperduta nel centro della citta', ma il richiamo della strada mi spinge di nuovo a riempire lo zaino e ad incamminarmi verso la piu' vicina stazione degli autobus...
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mauro
non-member comment
ciao! sono a casa di lello nella fredda massina... ci manchi fai il bravo