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Published: December 28th 2015
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Buenos Aires è un ni.....non fa cagare per capirsi, ma non mi suscita entusiasmo. Città immensa la cui anima si disperde negli enormi spazi tra un quartiere e l' altro. L'ostentazione di Recoleta e Palermo però non cancella l'odore di vere e proprie baraccopoli ai bordi più marginali dietro la stazione, a la boca, nelle periferie. Recoleta e Palermo sono in pratica parchi immensi dove la gente si sdraia a bere mate, chiacchierare, ascoltare musica. Dal cielo sopra la città non filtra stress. Nel parco di fronte al cimitero monumentale il tempo si dilata, così la mia risolutezza alimentare dura il tempo di annusare il primo panino. Quel bel chorizone arrosto è un richiamo implacabile anche sotto i 40°C all'ombra con i quali questa megalopoli mi accoglie. Nasce come piccola città di porto Buenos Aires, almeno secondo Franco, dal papà calabrese, che mi accompagnerà nel walking tour del giorno dopo. Infatti porteni, con la n spagnola, sono chiamati coloro che ci abitano. La città si è poi espansa richiamando stranieri a lavorare gli sconfinati campi che la circondano. Buenos Aires è un mix di culture, stili architettonici, razze. La Buenos Aires che immaginavo io non esiste. La reputazione terribile di città
dove ogni passante tenta di sfilarti il portafogli è una leggenda, la città dalle passioni autentiche pure. Tutto sembra ostentazione, dagli show di tango per turisti, al vanto della strada più larga del mondo. Fossi stata amante della vita notturna, la penserei probabilmente in modo diverso. La mia prima sosta a Buenos Aires scorre via senza particolari emozioni. Ma poi arriva compagnia e la storia cambia. Migliori amiche dagli anni del liceo, mio peggior incubo quando si viaggia, tra pit stops pipì e pause caffè. Io, che solitamente marcio a ritmo serrato e regime militare. Condivideremo anche questo, come abbiamo condiviso tanto in questi anni. Cominciamo però condividendo una bella palata di merda. Non figurativa, si intende. Funziona così, te la tirano addosso fingendo sia stato un piccione, poi ti aiutano a ripulirti, loro si occupano di tasche e zainetti nello specifico. Faccio due derivate al volo, l'impatto con la merda è laterale e il quantitativo richiede lo sforzo di uno pterodattilo. La scienza, poi uno dice! Mentre quello continua a dirmi di guardare il piccione, tiro fuori il passaporto italiano. Anni e anni di metro a Roma e ce vengo qua, co due che a Napoli sarebbero durati come
il due di picche quando comanda bastoni. Stanati si ritirano dalla vergogna, mentre Mr tempestivá si avvicina avvertendoci di stare attente a quei due. Grazie! Ma la vera cosa che mi preoccupa adesso è un'altra, la filippica che mi devo subire da qui a San Telmo, teatro del mercatino delle pulci, per due pulciare che passeranno la giornata a cercare di farsi regalare souvenirs. Il resto dei giorni scorre via tra un "te l'avevo detto" e l'altro, una lamentela e l'altra, e poi finalmente si va in stazione, si sale sul prossimo autobus. Forse. Perché in Sud America, la fiducia è un apostrofo rosa tra ore di ritardo e l'omino della stazione che dice "arriva, arriva", ma continua ad omettere il quando. Intanto il tabellone annuncia Rosario. Non la città, quello che mi si snocciola in bocca da solo di lì a poco. Il caffè della mattina scorre nelle vene. La sinapsi è uno spazio vuoto tra due nervi, o tra un vaffanculo e l'altro. E così scopriamo che il nostro autobus ci è passato sotto il naso, ad un'ora qualsiasi e con il nome di una compagnia qualsiasi. Sono un potenziale elettrico che sfiora i fili dell'alta tensione. Andrò
ad esplodere di li a poco contro l'ignara signorina della biglietteria, terra di mezzo tra la mia collera latina e l'irritante inadeguatezza di chi le scrive il copione. Inizia un guerra di cazzimma che mi vede prevalere. Si parte, ci imbarcano sul bus del pomeriggio dopo una giornata passata in stazione, ma si parte. Speriamo solo l'atavica sfiga del giorno sia già partita, comodamente adagiata sulla semicama 17, di un bus qualsiasi, ad un'ora qualsiasi. Destinazione......to be continued!
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